Secondo matrimonio
Nel 1954 si sposa con l’ex direttore di Time, Tom Matthews e comincia a far la spola fra Londra e Washington. Il matrimonio durerà nove anni e Martha lo rimpiangerà per il resto della vita. In un libro di racconti brevi Two by two, del 1958, la scrittrice affronta il tema del matrimonio e dei suoi vincoli. Una delle storie In Sickness and in Health le fa guadagnare un premio. L’anno dopo tutta la sua corrispondenza di guerra viene raccolta in un volume dal titolo The Face of War, che ottiene buone recensioni, anche se non molto numerose. Il volume sarà ripreso nel 1967, per includervi la guerra del Vietnam. Nella prefazione Martha sostiene che la guerra va tollerata perché l’uomo è così stupido da aver bisogno del conflitto. Ma un conto è lottare per difendere la propria indipendenza e dignità, un altro è usare la violenza per annientare la libertà di un paese e di un popolo. Nel 1961 esce un breve romanzo dal titolo His Own Man, incentrato sugli strani personaggi che affollavano la città di Roma nell’immediato dopoguerra. E’ un libro "più leggero di un piumino da cipria", secondo la definizione dell’autrice, divertente e spiritoso, ma con descrizioni tutt’altro che lusinghiere dei personaggi adombrati e che le ha fatto perdere il saluto di molti conoscenti. In Gran Bretagna non è mai stato pubblicato. In un certo senso esso rappresenta un intervallo di evasione, dopo il quale Martha ricomincia a seguire le guerre, dapprima quella del Vietnam, poi il conflitto arabo-israeliano per il Guardian di Londra. Del 1967 è il romanzo The Lowest Trees Have Tops, un’analisi arguta e divertente di una comunità utopistica fondata in Messico da cittadini americani che hanno abbandonato il proprio paese a causa del maccartismo. Nel 1976 Martha torna in Spagna e tratteggia per il New York Times una descrizione del paese dopo Franco. Rientrata in Inghilterra – Londra è diventata la sua residenza fra un viaggio e l’altro - scrive per il Guardian una serie di articoli sugli scioperi dei minatori britannici sotto il governo Thatcher, poi analizza la politica di Reagan in Nicaragua per il New Statesman. A metà degli anni ’80 si reca a Panama per seguire l’invasione del paese da parte degli Stati Uniti, per conto di Granta. Parte senza fare alcuna prenotazione. Al ritorno, racconterà di quel passeggero di un taxi che, preoccupato, le ha detto: "Signora, lei non dovrebbe viaggiare da sola!". Martha ha quasi 80 anni.
Nell’autunno del 1994 mette in vendita il suo cottage in Galles, che sorge in mezzo alle amate colline delle sue passeggiate. Ma il clima è un po’ troppo piovoso, "più adatto a coltivare funghi che ad abitarci" dice. Ha un cancro al fegato, la vista si è molto indebolita. Non può più leggere, né lavorare, né viaggiare, né fare alcuna delle cose che hanno riempito e dato significato alla sua vita. Aveva sempre detto di non voler ridursi a vivere come un vegetale e il 14 febbraio del 1998, all’età di 89 anni, nel suo appartamento londinese di Cadogan Square decide che è venuto il momento di prendere "le pillole dell’addio" che aveva sempre con sé.
Oggi si sente dire spesso che, per fare bene il proprio lavoro, i giornalisti dovrebbero riprendere in mano il taccuino e tornare in strada a cercare le notizie, anziché starsene seduti davanti al computer a compulsare Internet. Martha lo ha fatto per tutta la vita. "Va a tastare il polso della nazione" diceva scherzosamente Hemingway ogni volta che partiva. "Partendo dal basso" aggiungeva lei, che considerava il giornalismo un mezzo per conoscere di persona tutto ciò che attirava il suo interesse e per avere un’esperienza diretta delle cose di cui scriveva.